Commissione di intermediazione ovvero il signor Rossi e i pescecani

Glielo ripeto: 7.400,00 euro per commissioni di intermediazione.
Non mi crede ancora Mario Rossi (nome fittizio) che mi siede davanti, allo sportello Adiconsum di Roma, l’associazione dei consumatori con cui collaboro.
Ecco adesso ha compreso, sgrana gli occhi stupefatto. L’incredulità si muta presto in rabbia e indignazione. Nel 2008 la spregiudicata società finanziaria Pescecane (nome fittizio) ha concesso al Sig. Rossi un prestito con contestuale cessione del quinto dello stipendio.
Della possibilità di accedere a tale finanziamento il Rossi era stato informato dal proprio datore di lavoro che gli aveva presentato Mr. Greedy (nome fittizio, quello reale è italianissimo), agente procacciatore di affari per conto della Pescecane. Questo ha appreso ora il Sig. Rossi: che Mr. Greedy per i suoi servigi consistiti essenzialmente nel procacciare il cliente alla finanziaria ha intascato l’astronomica somma di € 7.400,00.
Quei soldi non li ha pagati la Pescecane ma proprio lui, il Rossi. Che però non li aveva, considerato che li stava chiedendo in prestito. Era in difficoltà economiche dopo che sua moglie, come molti in quegli anni, aveva perso il lavoro. Così la Pescecane gli ha finanziato anche la predatoria commissione del Sig. Greedy. Dunque gli spiego “con le quote che il datore di lavoro le trattiene mensilmente dallo stipendio lei sta rimborsando alla società finanziatrice, oltre al denaro avuto in prestito, anche questa esosissima e totalmente ingiustificata provvigione e sopra ci sta pagando anche gli interessi”. Di tutto ciò il Sig. Rossi è rimasto ignaro fino a quando non si è rivolto al nostro sportello.
Lo informo ancora che malgrado la finanziatrice Pescecane gli abbia in effetti corrisposto soltanto € 15.000,00, dal contratto redatto su un modulo predisposto dalla stessa Pescecane, a caratteri talmente infinitesimali e ravvicinati da risultare praticamente illeggibili, risulta invece che il Rossi si è indebitato per € 26.000,00. Che fine hanno fatto i restanti 11.000,00 euro? € 7.400,00 sappiamo già che se li è presi l’agente Greedy; € 2.800,00 se li sono divisi la compagnia di assicurazioni Shark (nome fittizio) che ha venduto al Rossi 2 polizze assicurative (vita e infortuni) e la stessa Pescecane che ha fatto da intermediario con l’assicuratore nella vendita delle suddette polizze.
Gli altri € 1.800,0 li ha presi ancora la Pescecane per le commissioni e le spese relative alla concessione del prestito. A quel punto il Sig. Rossi si affretta a dirmi che né l’agente procacciatore né gli addetti della società finanziatrice lo hanno mai informato di tali costi esorbitanti a suo carico, perché altrimenti mai e poi mai avrebbe acconsentito a una cosa del genere. E’ evidente che dice il vero.
Le condizioni economiche del finanziamento sono talmente aberranti che soltanto una condotta nella sostanza equivalente ad un raggiro può aver consentito alla finanziatrice di ottenere il consenso del malcapitato cliente.
Quello del Rossi non è per nulla un caso isolato. Negli 8 anni che ho trascorso al nostro sportello consumatori dell’Adiconsum Roma di signori (e signore) Rossi finiti inconsapevolmente in pasto ai pescecani ne ho conosciuti davvero tanti. Quello delle cessioni del quinto dello stipendio o della pensione è infatti da tempo il terreno di scorribanda preferito di banche e finanziarie che per accaparrarsi clienti e massimizzare i profitti ricorrono a pratiche che definire scorrette appare già un eufemismo.
Ecco in concreto cosa emerge dai racconti dei consumatori. Innanzitutto gli agenti / operatori delle finanziare non richiamano mai l’attenzione del cliente sul costo complessivo del prestito, espresso nel TAEG (tasso annuale effettivo globale), l’unico indice affidabile del costo reale del credito. Peraltro a volte il TAEG viene manomesso, con l’esclusione di costi che invece dovrebbero essere ricompresi. Sviato in tal modo il cliente non si accorge degli abnormi costi accessori a suo carico. Se per caso invece se ne accorge allora gli si fa intendere che si tratta di condizioni non negoziabili, da accettare in blocco pena la mancata concessione del finanziamento.
Più il cliente ha bisogno di soldi, più è gravato da precedenti debiti, più è facile imporgli condizioni predatorie. Per le cessioni del quinto dello stipendio / pensione le polizze assicurative sono obbligatorie per legge. Quello che non è obbligatorio è che esse abbiano costi spropositati.
Accade invece puntualmente che i contratti assicurativi venduti ai debitori in pacchetto unico col prestito (la pratica è conosciuta come bundling) abbiano costi, per premi e commissioni di intermediazione, raddoppiati, triplicati, quadruplicati etc. rispetto a quelli praticati a chi compra le medesime coperture assicurative singolarmente (fuori dal pacchetto) e senza l’intermediazione delle società finanziatrici. Non pare esagerato parlare di truffa in relazione all’operato di agenti e mediatori che sottraggono a persone in gravi difficoltà economiche somme spropositate per prestazioni risibili e per di più svolte nella sostanza in favore delle banche / finanziarie mandanti. Rispetto a tali condotte predatorie le suddette banche / finanziarie omettono ogni controllo. O meglio si voltano dall’altra parte.
Le cifre delle provvigioni indebite sono note alle società finanziatrici eppure esse fanno finta di nulla continuando ad avvalersi dei loro agenti e mediatori rapaci. Del resto al banchetto partecipano anche le finanziatrici stesse che incassano gli interessi sulle somme date in prestito per pagare le provvigioni predatorie. E in definitiva quel che conta davvero è il flusso di nuovi prestiti che i rapaci assicurano. O anche il rifinanziamento dei prestiti esistenti.
Raggirato una volta il cliente indebitato e in difficoltà coi pagamenti può essere infatti facilmente raggirato di nuovo. E’ tale flusso che genera le laute remunerazioni di cui si alimenta l’intero settore, uno dei più redditizi per i gruppi bancari operanti in Italia. E’ dunque il sistema bancario nel suo insieme ad aver abbracciato la filosofia di Mark Hanna, il cinico broker del film The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese: “Name of the game: move the money from the client pocket to your pocket”. Il Sig. Rossi con il patrocinio degli avvocati della nostra associazione ha fatto causa alla Pescecane ottenendo una sentenza del tribunale civile in base alla quale la finanziaria ha dovuto rimborsarlo della gran parte dei costi accessori illegittimamente sostenuti.
Avv. Giuseppe Zappia