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Valutazione del merito creditizio ex art. 124-bis del TUB

Valutazione del merito creditizio ex art. 124-bis del TUB

Vi sono circostanze in cui può essere ragionevole ed economico effettuare una valutazione riguardo le condizioni in cui la banca o la finanziaria hanno erogato un finanziamento rispetto al quale il consumatore si è poi reso inadempiente. 


Il Legislatore, difatti, ponendo gli obblighi di valutazione del merito creditizio in una prospettiva di prevenzione del rischio di sovraindebitamento, ha riconosciuto a questi obblighi una rilevanza giuridica nell’ambito dei rapporti tra consumatore e finanziatore. 


In ragione di ciò, il consumatore sovraindebitato -così sia la migliore giurisprudenza che l’orientamento dell’Arbitro Bancario e Finanziario- può chiedere di essere ammesso a provare la violazione degli obblighi di correttezza e buona fede da parte della banca o della finanziaria creditrice, nonché degli obblighi specifici nel concedere credito alla sua cliente inerenti la fattispecie della verifica del merito creditizio, allorché la banca o la finanziaria, pur essendosi inevitabilmente resa conto dello stato di sovraindebitamento e di insolvenza del medesimo consumatore, ha posto in essere finanziamenti (spesso “a catena”, nell’ambito della prassi denominata “Rifinanziamento”), facendo sì che il proprio credito aumentasse senza misura e che il consumatore precipitasse in un inevitabile default. 


Tale condotta, si è ritenuto, è del tutto contraria al canone di buona fede oggettiva e in chiara violazione degli specifici obblighi di diligenza normativamente previsti a carico del finanziatore al fine di proteggere il cliente consumatore dal ricorso a un credito esorbitante le capacità di rimborso. In particolare, l'art. 124 bis, introdotto dal d.lvo 141/2010, prevede l'obbligo per il finanziatore di valutare attentamente il “merito creditizio”, ovvero la capacità del richiedente di provvedere alla restituzione dei crediti, così che la finanziaria, per rendere effettivo l’obbligo di valutazione, dovrà ricorrere all’utilizzo delle apposite banche dati, pubbliche e private, oltre naturalmente a dover istruire direttamente la pratica acquisendo dal cliente la documentazione ulteriore attestante il reddito ed ulteriori circostanze rilevanti. 


Non solo, il secondo capoverso dell'articolo codifica che in caso di modifica di un precedente finanziamento, l'istituto di credito deve di nuovo verificare i presupposti del “merito”, provvedendo ad una indagine e riflessione ancor più approfondita in ordine alla sostenibilità del debito, soprattutto quando si deve procedere ad un aumento significativo delle somme o ad un sensibile allungamento del piano di ammortamento. 


La società finanziaria deve pertanto sempre effettuare un esame obiettivo della situazione del consumatore al momento della richiesta del finanziamento, ed in particolare deve tener conto della sua storia creditizia, della situazione reddituale, del rapporto tra reddito e impegno e della misura e durata delle rate. Il finanziatore diligente deve verificare, anzitutto, il presupposto sostanziale della capacità reddituale. Vale a dire che l'indebitamento, secondo la giurisprudenza, non deve essere eccessivo rispetto al reddito della persona, con una indicazione di massima degli istituti centrali e di vigilanza che consigliano una esposizione non superiore al 30-33%, con variazioni a seconda della consistenza del reddito. 


Qualora la finanziaria abbia provveduto a concedere il finanziamento per un importo oggettivamente non sostenibile dal debitore, la migliore giurisprudenza ha ritenuto che sarà lo stesso istituto di credito ad essere responsabile per inadempimento nei confronti del debitore. Ne discenderebbe, infatti, una evidente responsabilità, contrattuale o extracontrattuale, in capo alla banca, la quale avrebbe tenuto una condotta in violazione dei principi di correttezza di cui all'art. 1175 cc e di diligenza professionale ex art. 1176 cc, come ulteriormente delineati dal codice del consumo e dal TUB (in tal senso cfr. Corte di Giustizia UE del 27.3.2014, causa C-565-2012; Cass. n. 18610/21; Cass. 13.1.1993, n. 343; Cass. 8.1.1997, n. 72; Ordinanza ABF, Collegio di Roma, n. 153 del 2013; Decisione ABF, Collegio di Milano, n. 2464 del 2013; ABF, Collegio di Roma, n. 4440 del 20.8.2013). 


La violazione degli obblighi individuati dal Legislatore potrà, altresì, rilevare nel momento in cui il consumatore sovraindebitato si dovesse ritrovare con una ingiunzione di pagamento da parte della finanziaria, contro cui fare opposizione; o con un piano di ristrutturazione dei debiti da articolare tramite transazioni con i creditori e intervento a garanzia del Fondo di prevenzione del sovraindebitamento e dell’usura, gestito da Adiconsum; o con un piano del consumatore da presentare in Tribunale ai sensi della legge n.3/2012; o in tutti i casi in cui volesse far valere i suoi buoni diritti rispetto agli obblighi –di trasparenza in primis- cui devono attenersi gli operatori del credito.

 Avv. Alessia Brandoni

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